giovedì 21 ottobre 2010

Il bicentenario della Normale di Pisa.Studenti preoccupati si rivolgono a Napolitano.Ne Parliamo con un diretto interessato.




Il Bicentenario Della Normale Di Pisa.studenti Preoccupati Si Rivolgono A Napolitano.intervistaIl giorno diciotto ottobre, la Scuola Normale Superiore di Pisa ha compiuto duecento anni.
In questa occasione, gli studenti hanno rivolto un appello al capo dello stato, 
Giorgio Napolitano,
il quale ha presenziato alla cerimonia di consegna dei diplomi. 
Gli studenti hanno espresso al Presidente della Repubblica tutta la propria preoccupazione per le sorti dell’università e della ricerca nel nostro paese.
La preoccupazione per il proprio avvenire degli appartenenti ad una delle più importanti istituzioni, in ambito culturale-formativo, del nostro paese rappresenta sicuramente un importante segnale di allarme.Esprime i propri timori anche Andrea Russo, collaboratore della Scuola Normale Superiore e del Dipartimento di Scienze Archeologiche,che adesso vive la Normale dall’altra parte della cattedra e si gentilmente concesso ad una breve intervista.
Andrea,cosa è la Scuola Normale Superiore di Pisa?
La scuola normale non è un'università e non rilascia lauree: è un istituzione supplementare di formazione, di cui gli iscritti devono ogni anno superare gli esami dell'Unipi con una certa media e regolarità, e sostenere 4 esami ulteriori all'interno della Scuola. Gli esami interni sono strutturati nella forma di seminario, al fine di sviluppare sin dall'inizio della formazione, la capacità di ricerca. Ogni anno, inoltre, gli allievi devono realizzare un lavoro di ricerca autonomo, una tesi da concordare con un docente.
Chi è,oggi,uno studente della Normale di Pisa?
Uno studente della Scuola Normale è un ragazzo che ha superato un esame di ammissione molto selettivo (per la classe, ossia facoltà, di lettere, nel mio anno c’erano a concorso 24 posti), con una preparazione decisamente importante almeno nelle materie d'indirizzo.
Cosa ha rappresentato per te l’essere uno studente della Normale?Per me la Scuola è stata una grande opportunità di studio e di crescita scientifica; una possibilità per affinare le mie conoscenze, perfezionare il mio metodo di ricerca, incontrare grandi personalità del mondo della cultura.
In questo periodo di confusione e agitazione all’interno del mondo universitario,secondo te, quali pensi siano le cause di incancrenimento del nostro sistema formativo?La situazione dell’università italiana è decisamente complessa.
Ci sono pochi laureati rispetto alla media OCSE, per l’impossibilità economica di molti all’accesso allo studio, e per la bassa spendibilità delle lauree nel mondo del lavoro.
I ricercatori sono troppo vecchi e demotivati: sono assunti quali precari, che puntualmente vengono stabilizzati ope legis. L’azione dei governi a partire dagli anni 80’ non è andata oltre la concertazione una tantum. Le rivendicazione dei ricercatori sono spesso autoreferenziali e demagogiche, atte difatto a trasformare la loro figura professionale in insegnanti di terza fascia.
Mancano i soldi: a fronte della definanziazione generalizzata, sono proliferate le sedi universitarie, giungendo a un sistema di enti monchi, incapaci di operare.
Manca una seria politica che colleghi il mondo del lavoro con l’università; i singoli corsi di laurea con le figure professionali.
I perfezionamenti post-laurea quali master, scuole e varia, sono spesso a pagamento e hanno finito per svuotare i corsi di laurea dei contenuti professionalizzanti.
Quanto aiuta l’aver frequentato la Normale di Pisa ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro?Come ritieni sia possibile migliorare il collegamento università-lavoro nel nostro paese?
La scuola normale costituisce un ottimo sponsor nel campo accademico e della ricerca. Essendo questo saturo da più di 10 anni, e mancando qualsiasi seria prospettiva (vedi la legge di 1 su 5…), l’ente ha esaurito ogni forza propulsiva nell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Una scuola teoretica, infatti, composta da filologi, storici, matematici e fisici, soffre più di altre la contrazione della dimensione della ricerca.
Un sistema di accesso a numero chiuso per corsi di laurea, connesso alla domanda di figure professionali, potrebbe essere a mio avviso, un buon punto di partenza per migliorare il rapporto università-lavoro in Italia.
Il disagio, espresso da Andrea,è lo stesso identico disagio, che tanti studenti e ricercatori provano di fronte all’insicurezza di un futuro incerto o , ancor peggio,dinnanzi alla certezza di un fallimento sicuro.Ma questo disagio, per quale oscura ragione, non viene recepito a livello politico? Perché studenti,insegnanti,ricercatori restano inascoltati?La risposta ci viene fornita da una classe politica incapace di sensibilizzarsi rispetto a determinate tematiche; la quale palesa, quotidianamente, la propria miopia .
Il nostro paese è,ormai da tempo, caratterizzato dall’immobilità,dalla refrattarietà a qualsiasi elemento di miglioramento ed innovazione. Di questa immobilità buona parte della nostra università è il faro illuminante(ecco perché la protesta deve essere propositiva e non limitarsi ad una difesa dello status quo).
Purtroppo,questa specie di raggio congelate sembra stia iniziando a colpire anche i settori,le istituzioni, gli apparati che prima apparivano come sani ed immuni.
Oggi, sempre più vicini al punto 0, siamo di fronte ad una scommessa. Una scommessa di rinnovamento culturale,scientifico,politico,economico,sociale e morale,che va urgentemente raccolta sia dai politici e dalle istituzioni che dalla società civile.
Un ringraziamento speciale a 
GIANLUCA SARDINA
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